Quanto Vale La Vita Di Un Immigrato?
Quanto vale la vita di un immigrato? Ben poco. I rumeni soprattutto, possono cadere dai ponti (un mese fa a Via Marconi – nella nostra città) possono essere strangolati (il caso di Gabriel Farkas a Tarquinia) ma i media nazionali offrono ben poco spazio. O meglio, un trafiletto si, ma niente più. Non ci prendiamo in giro: le vittime sul lavoro o i casi di cronaca nera sono trattati e visti da noi tutti in maniera diversa, secondo la nazionalità delle persone coinvolte.
Il caso di Alessio Burtone e Maricica, ad esempio. Un gruppo di amici di Burtone a Roma ha preso d’assalto i carabinieri ribadendo che la rumena se l’è cercata, ha provocato il giovane.
Gridavano: “Ci sono testimoni che affermano che quella tr… litigava con tutti sull’autobus, se l’è cercata”. E tutti a chiedere una pena clemente per Alessio, come se fosse giusto chiudere un occhio davanti ad un atto, così violento, ma naturale, soprattutto su una romena che è venuta qui a rubare il lavoro e, per di più, attaccabrighe.
Circa 200 persone si sono radunate davanti alla casa dalla quale è uscito Burtone. Alcune persone hanno battuto le mani. Il giovane avrebbe lasciato l’abitazione sorridente, una compiaciuta reazione in risposta al gruppetto di sostenitori. Immaginiamo che sarebbe successo se invertissimo la nazionalità: L’aggressore è rumeno e la donna uccisa da un pugno, per futili motivi, fosse stata una donna romana sposata con figli. Io non fatico a immaginare rivolte popolari e spedizioni punitive contro i romeni della zona.
Le società – spiega il dottor Alessandrini, rappresentante del Cnel, alla presentazione del dossier nazionale sulle discriminazioni – non reggono sulla creazione del nemico, col rifiuto a priori dell’altro. Le società che fanno questo si disintegrano. Non serve buonismo, serve rigore e un ripensamento della Bossi Fini, che crea irregolarità; l’Italia ha gravi ritardi in termini di politiche d’integrazione; pensiamo alla classe politica, che porta avanti la campagna delle espulsioni… è una politica irrazionale.
Invece che accogliere positivamente l’immigrazione la respingiamo, e sì che ne avremmo bisogno, al livello demografico e lavorativo ad esempio. I politici invece che fanno? Pensano a come cacciarli, gli stranieri. Dobbiamo imparare a convivere, altrimenti si arriverà a un conflitto, di tipo sociale, che avverrà nei quartieri, nei condomini e nei palazzi».
L’Italia, assieme alla Spagna, è il paese con la percentuale più alta di romeni nel territorio. Secondo Alessandro Silj, segretario generale del Consigli Nazionale delle politiche sociali, «Non è un’invasione, sono le leggi del mercato». Si chiama globalizzazione. Moltissime aziende italiane, attirate dalla Romania – paese dal lavoro a basso costo – hanno delocalizzato le strutture produttive, pur mantenendo in patria il centro della direzione commerciale.
In Italia, gli immigrati, coprono i due terzi del fabbisogno di nuova forza lavoro; i romeni che lavorano in Italia sono moltissimi (uno ogni sei stranieri) e garantiscono l’1,2 per cento del Pil italiano. Nonostante l’alto livello di preparazione, quattro su dieci hanno completato l’istruzione secondaria e un altro 11 per cento l’istruzione universitaria (tra gli italiani solo il 33 per cento ha una formazione superiore), i migranti provenienti dalla Romania trovano sbocco soprattutto nell’industria, nel terziario – una donna su quattro ad esempio lavora nel settore dell’assistenza alle famiglie – e nell’agricoltura.